Il perdono, un'alternativa alla vendetta che logora

Il perdono, un'alternativa alla vendetta che logora

Il perdono, un'alternativa alla vendetta che logora

Ognuno di noi ha fatto esperienza nella vita di situazioni in cui ci si è sentiti feriti, offesi e amareggiati. Quando si subisce un torto, sentimenti come rabbia e rancore possono prevalere e diventare un vero e proprio chiodo fisso. Nella mente si insinua l'idea di voler rivendicare l'offesa subita, oppure voler dimenticare quanto accaduto o ancora, secondo una visione più estrema, evitare in futuro di stringere relazioni per paura di essere feriti nuovamente.

ueste modalità, altro che risolutive del problema, vanno ad innescare meccanismi di mantenimento della situazione di stallo: non è possibile, infatti, decidere di dimenticare qualcosa per cui, l'idea di una vendetta ben architettata, ci dà un sollievo temporaneo; non è possibile credere di poter evitare per sempre di relazionarsi all'altro per paura di trovarsi di nuovo in situazioni spiacevoli.

È estremamente difficile l'atto del perdono, nonostante rappresenti spesso la via che più avvicina l'individuo ad una condizione di benessere mentale, in quanto lo libera dalla sofferenza. È importante, infatti, il significato che attribuiamo all'evento “perdono”.

L'etimologia del termine “perdono” deriva dal latino medievale di “perdonare”, composta da "per" che sta a significare completamente e da "donare". Nel corso del tempo tanti sono stati i significati attribuiti a questo termine, sia in ambito filosofico che in quello della religione cristiana; nel linguaggio comune odierno sta per "tacere dopo aver subito un torto". Il significato autentico però è ben altro, ovvero secondo la definizione che ne dà lo psicologo Algeri "Imparare a dividere il giudizio sulla persona dalle azioni che ha fatto".

Prendendo in considerazione l'azione del tacere, se la analizziamo come sintomo di debolezza, sottomissione, inferiorità rispetto l'altro e incapacità a rispondere pan per focaccia a chi ha recato l'offesa, allora sarà molto difficile intraprendere la via che porta al processo di superamento del torto, attraverso l'azione del perdono.

Al contrario, una posizione non giudicante verso la persona e anche verso noi stessi, renderà la via più semplice perché permetterà di considerare l'azione subita per quello che è realmente, con tutto il carico di sofferenza. In poche parole, si supera la legge del taglione "occhio per occhio" e si sospende il giudizio, accettando i pensieri di vendetta per quello che sono e non come fatti reali.

Il significato psicologico del perdono, quindi, non è dimenticare, giustificare, sminuire l'accaduto, né rinunciare al diritto di risarcimento, né riconciliarsi con l'altro.

Cosa significa quindi saper perdonare?

Innanzitutto, il perdono sottende il ricordo dell'avvenimento, carico di tutta la gravità del caso. Per questo motivo, l'effettivo perdono consiste nel riconoscere le responsabilità e le colpe, oltre che i significati diversi attribuibili a chi ha agito in maniera biasimevole, senza giustificarli né sminuirli.

Tutto questo non comporta una rinuncia alle legittime pretese di ottenere giustizia: la vittima che non si vendica rinuncia a farsi giustizia da sé ma confida nelle norme vigenti nell'ambiente sociale e culturale.

Aspetto molto importante è che il perdono non prevede necessariamente una riconciliazione. Esistono situazioni in cui risulterebbe impossibile, se non dannoso, riconciliarsi con chi si è perdonato, perché si alimenterebbe un legame fonte di sofferenza.

Il perdono può configurarsi come un atto unilaterale e incondizionato, la riconciliazione invece presuppone impegno da entrambe le parti coinvolte, una presa di responsabilità circa l'offesa arrecata e subita e rassicurazioni in merito alla futura condotta da tenere.

"Molte riconciliazioni promettenti falliscono perché entrambe le parti arrivano preparate a perdonare, ma non ad essere perdonate" scriveva lo scrittore inglese Charles Williams.

Perdonare una persona che ha ferito, deluso, tradito è un atto di coraggio che sembra vada controcorrente rispetto al flusso del dolore, a volte devastante. Che si parli di una amicizia, una relazione amorosa, legami familiari o lavorativi, imparare a perdonare è un passaggio necessario se ci si vuole liberare dal passato e iniziare a guardare più positivamente presente e futuro.

Il perdono ha a che fare con diversi aspetti psichici:

  • pensieri e rimuginazioni sull'offesa subita e su chi l'ha commessa, che non permettono di lasciare andare la rabbia
  • sentimenti legati al rancore che devono cedere il passo all'empatia: il mettersi nei panni dell'altro ci permette di osservare la situazione da un vertice emotivo diverso dal nostro e può facilitare la chiarificazione delle motivazioni che hanno spinto l'altro verso determinati gesti o azioni. Spesso, così facendo, si scopre che anche noi abbiamo contribuito consciamente o inconsciamente a giocare la partita nella quale l'altro ci ha ferito. Un nostro modo di agire o di pensare non ci rende estranei alla faccenda. A questo punto, ci rendiamo conto che l'altro non è tutto buono perché è stato capace di farci del male, ma non lo siamo neppure noi, aprendoci alla comprensione della naturale ambivalenza intrinseca alla natura umana
  • motivazioni che sottendono il nostro agire

In conclusione, perdonare significa affrancarsi dalla posizione di vittima assoluta, sospendendo il giudizio e il desiderio di vendicarsi, attuando una condotta paragonabile a quella dell'offensore, ma apparentemente giustificata dal torto subito.

La vendetta diventerebbe la ripetizione di schemi e di ricordi, difficile da spezzare mentre, il perdono, mette una conclusione a questa serie attraverso la volontà di girare pagina, avendone letto e preso coscienza dei contenuti. Scrive Bouchard "Il perdono non rappresenta mai una rimozione, una semplice cancellazione, ma è parola che rompe la legge del silenzio e della rimozione, una parola che costruisce la memoria per liberarci dal passato: una parola che comunque narra quello che è successo, uno spazio rievocativo, un recupero spesso faticoso di elementi dolorosi".

Il perdono in psicoterapia

Durante il percorso di psicoterapia spesso affiorano situazioni che hanno a che fare con il perdono, perdonare sé stessi, chi ci ha arrecato un'offesa, perdonare chi non c'è più, perdonare in amore, perdonare i genitori che non sono stati in grado di sostenerci quando ne avevamo più bisogno e molte altre circostanze.

Capita spesso di essere fermamente convinti di avere la chiave di come sarebbero dovute andare le cose, di come ci saremmo dovuti comportare sulla base di un'idea che abbiamo di noi stessi, invece di fermarci ad osservare da vicino come sono andate realmente le cose.

Sono molteplici le situazioni in cui si soffre di un malessere perché si è rimasti inconsapevolmente attaccati ad una situazione passata che non ci permette di uscire dal dolore. Rabbia e rancore fanno da padroni ma, come altre emozioni difficili da gestire, si tende ad evitarle ed ignorarle. La psicoterapia invece rappresenta uno spazio mentale in cui è necessario fare i conti con questi aspetti ed esplorarli per permettere alle antiche o più recenti ferite di guarire.

Ecco perché prendersi cura di quanto inespresso, ovviamente secondo i propri tempi, perdonare chi ci ha ferito o noi stessi per il male che ci siamo fatti da soli, diventa non solo una liberazione dal dolore ma soprattutto un atto terapeutico.

Comprendere che è impossibile cambiare gli eventi del passato è un passo fondamentale per accettare ciò che è stato e integrare tali avvenimenti nella storia dell'esistenza, con una modalità improntata alla vita. Sicuramente una narrazione di quanto è stato è utile per ridefinire gli eventi e affrontarli alla luce dei nuovi significati che emergono nel corso della terapia, superando il rancore e allineandosi ad una prospettiva di crescita ed evoluzione. Attraversare emotivamente rabbia, tristezza e senso di colpa e sentirsi in contatto con il dolore, sblocca la possibilità di guardare alla vita con una prospettiva non più appesantita dal passato, ma libera di correre verso il nuovo.


Dott.ssa Alessandra Roberti
Psicologa a Roma

Dott.ssa Alessandra Roberti

Sono una Psicologa clinica. Fornisco consulenze e supporto psicologico, affiancando il paziente con sensibilità e competenza.

Partita IVA 02372640447
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della regione Lazio col n.23867

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